Il sogno di alcune persone è quello di farsi dimenticare da Google, sparire dal flusso di ricerche che compare sul motore di ricerca più popolare del mondo. Da oggi è possibile grazie a un modulo online, ma il meccanismo funzionerà davvero?
La Corte di Giustizia europea ha vinto la sua causa contro Google provocando non poche polemiche e controversie.
Quello che è stato già denominato “il diritto all'oblio” è ormai diventato realtà:
da oggi è possibile cancellarsi da Google compilando un apposito modulo per farsi rimuovere dalle ricerche web considerate inopportune, o perché vecchie e passate, o perché inesatte o per qualche altro motivo da scrivere nel suddetto form.
Nonostante Google (e altri) abbia espresso le proprie perplessità a riguardo, appellandosi alla libera circolazione delle informazioni e a una ricerca che sia il più completa possibile, il modulo “per essere dimenticati” è già online.
Google concede agli utenti il diritto all’oblio
Nella pagina del servizio si legge:
“Una recente decisione della Corte di giustizia dell’Union europea ha stabilito che alcuni utenti possono chiedere ai motori di ricerca di rimuovere risultati relativi a query che includono il loro nome, qualora tali risultati siano ‘inadeguati, irrilevanti o non più rilevanti, o eccessivi in relazione agli scopi per cui sono stati pubblicati’.”
Come Google selezionerà le segnalazioni e come le gestirà?
“Valuteremo ogni singola richiesta e cercheremo di bilanciare i diritti sulla privacy della persona con il diritto di tutti di conoscere e distribuire le informazioni. Durante la valutazione della richiesta stabiliremo se i risultati includono formazioni obsolete sull’utente e se le informazioni sono di interesse pubblico“.
Come farsi dimenticare da Google
Google precisa che il modulo per richiedere la rimozione è ancora in fase di sviluppo e che nei prossimi mesi si lavorerà “a stretto contatto con le autorità per la protezione dei dati e con altre autorità per il perfezionamento del nostro approccio”.
Sulla pagina messa online da Google (
qui il link) ci sono tutte le istruzioni per far rimuovere dai risultati delle ricerche i contenuti ritenuti lesivi (che non saranno quindi più indicizzati).
Saranno cancellati quelli che "includono informazioni obsolete sull'utente" e quelli che non hanno "informazioni di interesse pubblico, ad esempio se riguardano frodi finanziarie, negligenza professionale, condanne penali o la condotta pubblica di funzionari statali".
Al fine di compilare correttamente e completamente il modulo per inviare la richiesta è indispensabile anche il proprio documento d’identità (naturalmente valido), ovviamente con tanto di foto.
Il modulo richiede obbligatoriamente il nome anagrafico completo per cui si desidera richiedere la rimozione dei risultati di ricerca e l’indirizzo e-mail a cui verrà inviato un messaggio di conferma, mentre le informazioni eventuali riguardano il nome della persona se è diverso da quello di cui vogliamo richiedere la rimozione e il rapporto con la persona che si sta rappresentando, come ad esempio può essere un coniuge, un fratello o un avvocato.
Conclusa questa fase, possiamo procedere con la seguente e cominciare a elencare gli URL di tutti quei link di cui richiediamo la rimozione e spiegare sia il motivo per cui il link citato riguarda la suddetta sia ovviamente perché lo si vuole rimuovere, o meglio, perché lo si considera inopportuno.
Segue dunque il caricamento del documento d’identità e la conferma della veridicità delle informazioni riportate. Infine dovrete inserite data e firma digitale prima di inviare le richieste e attendere conferme o repliche.
Ok Google, ma gli altri motori di ricerca?
La sentenza della Corte di Giustizia Europa ha lasciato e continua a lasciare anche un po’ perplessi: ok, i risultati delle ricerche che ci riguardano da vicino e che consideriamo inopportuni per un motivo o per un altro potrebbero sparire per sempre da Google, ma come ci si rapporterà in futuro (ma anche da domani) quando altri motori di ricerca, magari oggi in fase di sviluppo, conterranno quelle stesse informazioni che abbiamo voluto rimuovere dal motore di ricerca frequentato attualmente dalla maggior parte degli internauti? Cosa succederà nel caso in cui un altro motore di ricerca risulterà sotto un certo aspetto più ricco di informazioni rispetto al suo più temibile concorrente perché la sentenza non lo riguarda? In parole povere: come riuscire a controllare e arginare l’anarchia informativa che domina la rete? Forse non è e non sarà mai possibile (a patto di vivere in un tempo molto preoccupante) e questo lascia già qualche interessante spunto di riflessione sull’effettiva utilità della sentenza.